Malattia di Meniere ed Idrope Endolinfatico

L’orecchio è un organo di senso affascinantissimo che svolge non solo la nota funzione uditiva, ma è anche di diritto un componente fondamentale dell’apparato dell’equilibrio. Il sistema è formato da una porzione dedicata all’udito, in cui la natura ha organizzato un perfetto meccanismo di trasduzione meccano-elettrica; e da una in cui, sensori altamente specializzati, captano il movimento del nostro corpo. Entrambe le funzioni vengono svolte da cellule sensoriali specializzate che hanno sulla superficie libera delle ciglia, e vengono quindi chiamate cellule ciliate, uditive e vestibolari. Le recenti possibilità di studio della funzione di tali cellule, hanno permesso di comprendere meccanismi di funzionamento e malattie del sistema sino ad oggi sconosciute. Quella della conoscenza approfondita è la strada che permette di proporre terapie mirate ed efficaci.

Il suono è una vibrazione che si trasmette in un mezzo (aria, acqua ecc) e raggiunge il nostro orecchio.

Il padiglione auricolare (1) serve a captare e convogliare tali onde verso la membrana del timpano (3). Questa è una sottilissima pellicola che vibra e trasmette la sua vibrazione agli ossicini dell’udito (4), che funzionando come leve, amplificando l’onda sonora. L’ultimo degli ossicini dell’udito, la staffa, è in contatto con i liquidi dell’orecchio interno e trasmette la vibrazione ad essi. Il loro movimento genera un’onda (onda viaggiante) che stimola i sensori uditivi: le cellule ciliate. Queste cellule nervose producono infine un impulso elettrico che attraverso il nervo uditivo (6) raggiunge i centri uditivi del cervello.

Quanto esposto brevemente riguarda il solo meccanismo dell’udito, ma l’orecchio svolge anche un’importante funzione nell’apparato vestibolare (dell’equilibrio).

Il nostro corpo, sia da fermo che in movimento, è sottoposto a forze (ad esempio l’accelerazione di gravità) che sono rilevate da questi sensori così che s’innescano numerosi meccanismi di adeguamento della postura e dei movimenti della testa e degli occhi. Le cellule ciliate del sacculo e dell’otriculo, sono raggruppate in aree ben delimitate chiamate macule, e hanno sulla sommità microscopici granellini (otoliti). Quando ci muoviamo nello spazio, lungo una traiettoria lineare, questi granellini modificano il loro peso schiacciando o allungando le ciglia sulle quali sono poggiati. Dato che le ciglia dei sensori sono orientate nelle tre direzioni dello spazio, il sistema, da cui l’uomo ha preso spunto per la costruzione di importanti sistemi di navigazione (giroscopio), permette al nostro cervello di comprendere la direzione del movimento (antero-posteriore, infero-superiore e laterale) del nostro corpo (anche ad occhi chiusi) e rispondere adeguatamente.
Nella parte posteriore dell’orecchio interno, infatti, si trovano delle cellule nervose, anch’esse provviste di ciglia, specializzate nel percepire il movimento.

Nella porzione più posteriore del labirinto, infine, all’interno dei canali semicircolari, si trovano altre cellule ciliate, la cui funzione è quella di registrare la rotazione del corpo e della testa nello spazio. Le cellule si trovano all’interno di dilatazioni dei canali, chiamate ampolle, e hanno le ciglia immerse in un gel che assume la forma di una cupola. Ruotando la testa, la cupola di gel si flette e le ciglia vengono stimolate, generando un segnale che raggiunge il cervello ad informarlo della rotazione.

I segnali provenienti dai recettori delle macule (sacculo ed otriculo) e dei canali semicircolari rappresentano una delle componenti del “sistema dell’equilibrio”. Esso integra a livello cerebrale, le informazioni relative alla posizione della testa e del corpo rispetto all’ambiente circostante. Queste provengono dai due labirinti, dagli occhi e dai recettori dei muscoli e delle articolazioni (sistema propriocettivo). Informazioni supplementari derivano dall’udito, dalla pianta dei piedi e perfino dall’apparato stomatognatico (articolazione temporo-mandibolare, principalmente). In condizioni normali la regolazione dell’equilibrio e dei movimenti degli occhi avviene al di sotto del livello di coscienza, senza che sia presente una partecipazione attiva volontaria e senza che ce ne rendiamo conto.

Una funzione molto importante in tutto il meccanismo uditivo e vestibolare è svolta dai liquidi dell’orecchio interno. Il “labirinto” scavato nell’osso temporale è, infatti, colmo di un liquido chiamato perilinfa. All’interno del canale osseo si trova una sorta di guaina che ne riproduce la forma e che è piena di endolinfa. E’ la vibrazione o il movimento di questo liquido che produce l’effetto stimolatorio sui sensori (siano essi acustici o vestibolari). E’ comprensibile quindi sia importante la funzione ed il corretto stato di salute dei “liquidi”, oltre che delle cellule ciliate.

Tra le malattie otorinolaringoiatriche un ruolo da protagonista spetta alla Malattia di Meniere. Questa patologia, detta anche Sindrome di Meniere, descritta nella prima metà degli 19° secolo da Prospero Menière, è classicamente caratterizzata da vertigini, acufeni ed ipoacusia. Negli ultimi anni, tra i sintomi caratteristici viene considerato anche l’ovattamento auricolare (fullness). Uno speciale comitato internazionale ha codificato con precisione i sintomi che devono essere presenti nella sindrome per poter essere classificata come tale. Ciò rappresenta uno sforzo medico per ridurre la confusione nella terminologia ma non ha prodotto, apparentemente, un granché di benefici tra i pazienti. Con il progredire della ricerca, si è stabilito con chiarezza il meccanismo che causa questi sintomi: è un’alterazione dei liquidi labirintici.L’endolinfa, ma in qualche caso si ipotizza anche la perilinfa, nei pazienti affetti dalla malattia ha tendenza ad accumularsi all’interno del labirinto. Dato che questo ha delle pareti ossee, e quindi inestensibili, un aumento del contenuto provoca l’aumento della pressione dei liquidi. Le cellule ciliate dei “sensori” uditivi e dell’equilibrio, che vivono immerse nell’endolinfa ne risultano schiacciate. Il loro funzionamento è compromesso, questo provoca la vertigine e l’instabilità, l’ipoacusia e l’acufene, che possono comparire contemporaneamente o in sequenza casuale.

L’accumulo di endolinfa viene definito idrope endolinfatico, e può interessare tutto il labirinto, solo la parte anteriore o la posteriore. Inoltre, soprattutto nelle fasi iniziali, l’idrope è fluttuante, così come i sintomi. Questo è il motivo del nefasto impatto psicologico della malattia sul paziente. Quando questa e stabilizzata, infatti, è vissuta più facilmente.

La sequenza di eventi descritta, estremamente semplificata, sembrerebbe aver risolto il grosso problema relativo alla diagnosi ed alla terapia della malattia di Menière. In realtà esiste ancora una grande zona d’ombra relativa alla causa che provoca il ristagno di endolinfa. Negli ultimi anni si è sottolineato con estrema enfasi il ruolo delle Aquaporine. Con questo nome si identificano delle sorta di canali sulla superficie delle cellule fondamentali per la distribuzione dei liquidi, dentro e fuori le cellule e quindi, nell’organismo. L’apertura e la chiusura di questi canali è regolata da un ormone, prodotto dalla nostra Ipofisi, che è detto Antidiuretico (ADH). Quando particolari sensori cerebrali, si accorgono che c’è una diminuzione della quantità di acqua, parte un impulso a produrre Ormone Antidiuretico, così che le Aquaporine si chiudono e trattengono acqua.

Anche questo modello di funzionamento, estremamente studiato, non trova però un consenso uniforme e probabilmente non è l’unico con cui si realizza l’idrope. Inoltre, nei casi in cui è possibile studiarne il funzionamento (ed è estremamente raro e difficile da realizzare), si osserva anche un quadro di idrope a carico della perilinfa, e non dell’endolinfa. Tutto ciò rende molto interessante l’ulteriore terreno di ricerca, ma ancora una volta non modifica di molto le possibilità di guarire dalla malattia.
In realtà la scoperta dell’importante ruolo delle Aquaporine e del ADH, ha modificato radicalmente l’atteggiamento terapeutico. I farmaci e la dieta, sono indirizzati in senso opposto a quello che si faceva in passato. Ad esempio l’eccesso di liquidi (l’idrope) può dare origine a reazioni paradosse se trattato per lungo termine con diuretici, considerati per anni il cardine della terapia.
La possibilità di disporre di un numero sempre crescente di esami strumentali permette di identificare chiaramente la causa della sintomatologia. E’ fondamentale infatti identificare le fasi iniziali dell’instaurarsi dell’idrope endolinfatico, quando è fluttuante. Infatti durante i primi episodi della malattia, si suppone che non si produca un danno permanente dei recettori. Risolto l’idrope, la pressione scende e questi possono riprendersi. E’ importante fare attenzione a quali possono essere i sintomi d’esordio. Spesso è la sensazione di pressione auricolare, la fullness, a presentarsi per prima, frequentemente inosservata, sottovalutata, erroneamente attribuita ad una disfunzione dell’orecchio medio o della tuba di Eustachio. Purtroppo non è usuale osservare il paziente in questa fase, spesso si è verificato un episodio vertiginoso in seguito alla semplice fullness e quindi si determina un nesso.Alla luce di queste considerazioni è necessario riprogrammare l’atteggiamento diagnostico nei confronti degli acufeni, non raramente sintomo di esordio della malattia. Anche se questo è isolato per lungo tempo è necessario sottoporre l’individuo ad un iter esaustivo per la ricerca dell’idrope endolinfatico.

l protocollo da noi utilizzato, rappresenta sicuramente uno standard di livello elevatissimo, ma già si scorgono nuovi strumenti (in realtà assai rari) che permettono di approfondire ulteriormente lo studio dell’orecchio interno.

L’ esame audiometrico tonale e vocale (valuta la capacità di comprendere una lista di parole e non solo i suoni puri), sono importanti ai fini di una stadiazione funzionale della malattia. Così come l’esame impedenzometrico, dirimente per lo studio dell’orecchio medio e della tuba, allo scopo di escludere un loro coinvolgimento.

La valutazione continua lo studio VideoNistagmoGrafico. Si registrano, con speciali telecamere ad infrarossi, i movimenti oculari anomali (nistagmo). In fase acuta questi movimenti sono spontanei, oppure possono essere rivelati da manovre appropriate. Durante le fasi silenti della malattia e necessario provocarli con stimoli idonei (esempio aria calda o fredda nelle orecchie). La presenza di un nistagmo anomalo è l’evidenza di un cattivo funzionamento dei canali semicircolari.

A questi fanno seguito tutta la serie di esami elettroacustici come i Potenziali Evocati del Tronco Encefalico (ABR), i quali vengono eseguiti spesso ma in questo caso hanno più che altro valore di esclusione di patologie retrococleari. I Potenziali Vestibolari Miogeni (VEMP’S), che registrano l’attività elettrica dei sensori del Sacculo, e possono dare spiegazione dei disturbi come il disequilibrio e l’instabilità. L’ Elettrococleografia che assume un’importanza fondamentale nell’idrope endolinfatico. L’esame misura le microcorrenti elettriche prodotte dalle cellule acustiche, ma le difficoltà di esecuzione con le tecniche tradizionali (presso il nostro studio viene utilizzata la tecnica peritimpanica) lo rende assai scarsamente diffuso. L’aspetto della risposta registrata è notevolmente modificato quando c’è un aumento di pressione endolinfatico. Viene quindi ritenuto di estrema rilevanza nella diagnosi di idrope endolinfatico, fondamentale quindi quale prova della genesi di uno o più sintomi che essendo incompleti non possono essere classificati come malattia di Meniere.

In questo modo si realizza uno studio approfondito di tutte le componenti del labirinto e si ottengono informazioni sulla possibile natura della sintomatologia.Nel tentativo di cercare eventuali fattori predisponenti lo sviluppo dell’idrope, vengono via via proposti esami ematochimici sulla funzionalità tiroidea, ipofisaria (soprattutto ormoni sessuali della donna) piuttosto che sulla presenza di allergie o intolleranze alimentari. Questi hanno valore, comunque, se prescritti in maniera circostanziata, dopo una valutazione anamnestica che orienti verso una direzione, piuttosto che sottoporre routinariamente ad una valutazione ematica, a tappeto, di tutto le variabili via via messe in ipotetica relazione con lo sviluppo dell’idrope.

La terapia della malattia di Meniére richiede, soprattutto nelle fasi iniziali, il controllo dell’idrope endolinfatico che è il responsabile della sintomatologia. Lo sviluppo delle conoscenze sui meccanismi di regolazione dei liquidi labirintici ha permesso di modificare radicalmente l’approccio terapeutico.
I pilastri del personale approccio all’idrope sono rappresentati da un trattamento dietetico e da farmaci che favoriscano la diuresi ed il ricambio di liquidi. Il primo si basa sull’aumento dell’assunzione di liquidi e di alimenti che non inducano ritenzione idrica. In questo modo si agisce sulla composizione idro-salina dell’organismo (osmolarità) così che si inibisce la sintesi dell’ormone antidiuretico. Questo provoca una maggiore permeabilità delle aquaporine e quindi vengono espulsi liquidi, in maniera naturale. La terapia medica si basa sull’uso di tradizionali diuretici (della categoria osmotica) associati a corticosteroidi ed antistaminici. Queste ultime due classi di farmaci svolgono importanti funzioni sul ricambio idro-salino. L’utilizzo di questo genere di protocollo ha dimostrato negli anni un’estrema efficacia ed un’ottima tollerabilità da parte dei pazienti. Per questo motivo è sempre consigliabile intraprendere tale terapia , in qualsiasi fase della malattia si trovi il paziente. Nel senso che l’utilità di ridurre in maniera la pressione dei liquidi labirintici è alle prime manifestazioni della malattia, ma anche nei casi di evidenti deficit della funzione dell’orecchio interno, apparentemente irreversibili. Accade infatti che la riduzione dell’idrope migliori il funzionamento delle cellule cigliate e quindi si possa produrre un recupero della funzionalità.

Molti altri protocolli terapeutici sono diretti invece verso la gestione dei sintomi. L’atteggiamento è dettato dalla constatazione delle presenza di un danno dell’orecchio, per cui si adottano terapie mediche o chirurgiche per sedare i sintomi indesiderati. Molti pazienti utilizzano infatti per periodi di tempo indeterminati sedativi delle vertigini specifici o del sistema nervoso. Alla luce delle premesse appena enunciate è evidente che un tale genere di atteggiamento non è condiviso. Anche perché è il prologo alle terapie chirurgiche ablative che in questi ultimi anni vanno sempre più diffondendosi. La cui necessità di esecuzione andrebbe drasticamente ridotta ad un numero estremamente esiguo.

L’orientamento personale è quello di utilizzare tutte le tecniche di controllo dell’idrope. Accanto a quelle che vengono sopra descritte, utilizzate routinariamente, vengono di volta in volta proposti trattamenti personalizzati in virtù del sintomo prevalente.

Il tubo di ventilazione trans-timpanico è un minuscolo tubo in silicone che viene introdotto, in anestesia locale, nel timpano. Questo permette un più facile ingresso dell’aria nell’orecchio medio ed una risoluzione pressoché immediata della sensazione di ovattamento. Infine, questa è una rapida ed efficace via di somministrazione di farmaci attivi sull’idrope. Questa rappresenta, infatti, l’ultima raccomandata via di somministrazione dei farmaci, soprattutto quando è necessario un lungo periodo di somministrazione. L’intervento di posizionamento del tubo è semplice ed ambulatoriale e prevede un recupero immediato della attività.

Quando l’esecuzione di una terapia specifica per l’drope, eseguita in maniera perfetta, riveli l’irreversibilità del danno auricolare devono essere istaurati i meccanismi di recupero. Questi possono cominciare una volta che si sia ottenuta una stabilizzazione del quadro.

La vertigine è senz’altro il sintomo meno tollerato dai pazienti affetti da malattia di Meniére. Gli episodi vertiginosi intercorrenti devono essere trattati con una terapia sintomatica al bisogno. Una buona gestione dietetica ed il regolare controllo del paziente, riducono comunque la minimo la ricorrenza dei questi episodi. Gran parte dei sintomi vertiginosi “cronici” sono provocati dalla perdita della funzionalità di un parte dei sensori dell’equilibrio contenuti nell’orecchio. Per ridurre l’impatto di questa sintomatologia è necessario “adattare” il cervello alla carenza di informazioni. La riabilitazione vestibolareè presidio utilissimo in questa fase della malattia. Questo interessante capitolo della terapia delle vertigini, si è andato in questi anni raffinando così che si è passati da tecniche di riabilitazione standardizzate a protocolli personalizzati in base alle necessità e possibilità del paziente.La perdita uditiva non può essere trattata altrimenti se non tramite la protesizzazione acustica. La protesizzazione dei pazienti con idrope però non è particolarmente semplice, perché l’aumento della pressione sulle cellule acustiche produce fastidiosi fenomeni di distrorsione. E’ interessante notare come in seguito alla terapia antiidrope adottata, spesso si apprezzi un miglioramento significativo della capacità di comprendere le parole (audiometria vocale), pur non modificando la sensibilità ai toni puri (audiometria tonale). Le protesi acustiche digitali, oltre ad assicurare una ottima qualità del suono permettono una programmazione fine che può eventualmente adattarsi alle fluttuazioni uditive.

I suoni amplificati e dotati di significato evitano, come già detto, che i centri nervosi dell’udito si atrofizzino a causa del “non uso”, ma svolgono un ruolo fondamentale nel caso in cui all’ipoacusia si associ l’acufene. Di solito il trattamento dell’idrope produce un miglioramento dell’acufene. Nel caso questo persista si adottano le terapie proposte per l’acufene, che verranno esposte in seguito, tra cui il “mascheramento” è una delle più valide. L’utilizzo della protesi acustica permette di sovrastare l’acufene (effetto mascheramento) ed al lungo andare il cervello riconosce come segnale preferito un messaggio sensato (suoni e parole dall’esterno) piuttosto che l’acufene.

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